Liguria, un’armonia di sapori tra terra e mare

Una ‘lingua’ stretta tra terra e mare non poteva che regalare ispirazioni culinarie uniche. Eppure, parlando con il ligure della ‘strada’, quello che si incontra mentre mugugna qualcosa velocemente al bar, la cucina ligure rimane semplice e soprattutto ‘povera’. Mai sopra le righe, mai una parola di troppo: la cucina ligure racconta molto di questo popolo operoso e ingegnoso. Ma rovescia la tradizione con ricchezza e varietà di piatti tipici.

Dal mare, le acciughe si declinano in diverse sfaccettature: torte, fritti, ripieni. Quando un ligure le serve sulla sua tavola, sa raccontarti dell’antica fatica del trainare la barca di legno a riva degli uomini e delle profonde voci di donne che le vendevano nei paesi dell’interno. Ma la vera particolarità della pesca ligure, la potrete gustare da dicembre ad aprile: sono i bianchetti, i ‘piccoli’ delle sarde e delle acciughe che fanno una massa biancastra nel piatto e si sciolgono in bocca. Una bontà che potrete assaggiare in questa regione che dal mare, come dalla terra, non trascura e butta nulla.

Dalla terra arriva un racconto diverso, eppure egualmente suggestivo. Narra di orti terrazzati e della fatica di seminare, salendo e scendendo dai giardini affacciati prepotentemente al mare. La Torta Pasqualina è la regina che arriva dall’orto ligure. Un sussurrarsi continuo di sfoglie l’una poggiata sull’altra (anche 33, secondo tradizione) ripiene di bietole, parmigiano, uova e carciofi. Ci sono diverse Pasqualine e il ripieno può essere ‘aggiustato’ a seconda dei prodotti dell’orto.
Ma la figlia più famosa della terra ligure si chiama Cima ed è stata anche cantata da Fabrizio De Andrè. Verdure, pinoli e formaggio sono il ripieno di un arrosto di vitello dove la carne, per la verità non c’entra molto: è solo un complemento gustoso degli altri sapori. La storia della Cima dice molto del carattere del ligure: la carne non si butta ma si inventa una bontà che possa contenerne e interpretarne anche una modesta quantità. Risparmio e tendenza a conservare.

Focaccia e farinata, assieme al pesto, sono i simboli per eccellenza della Liguria. Delle prime due possiamo dire che la loro pregnanza di sapore croccante la si ritrova nelle mattine tra gli odori della città e che la colazione del buon ligure non prescinde mai da focaccia e cappuccino. Sul pesto si è più o meno detto tutto. Rimane l’immagine della casa con l’orto a terrazzo di Prà, dove si raccoglie il basilico Dop che verrà pestato in un mortaio di marmo, col pestello di legno. Una vera bontàche si gusta in piena veracità aggiungendo una patata e dei fagiolini nell’acqua di cottura della pasta.

Pandolce e canestrelli narrano della passione tutta ligure per il dolce secco. Il pandolce è la sfumatura ‘marina’ del panettone milanese, solo la pasta è più compatta e ci sono più uvetta e anditi. I canestrelli di Torriglia sono ‘troppo’ per essere relegati a biscottini da tè. Dolci e delicati, sono il dessert che più facilmente un ligure vi porgerà a fine pranzo.